Cent’anni di Basaglia

L’11 Marzo 1924 nasceva Franco Basaglia.

È impossibile ricordare quello che Basaglia è stato in poche righe ed è ancora più difficile sapendo che di Basaglia, di Gorizia, di Trieste e della legge 180 si parla sempre meno, dentro e fuori la psichiatria.

L’opera basagliana è scarsamente letta e studiata, a volte relegata a una dimensione storica che ne svilisce l’estrema attualità. Nonostante questa consapevolezza, osserviamo nascere un nuovo interesse verso i testi di Basaglia e delle persone che hanno lavorato con lui, a partire da sua moglie Franca Ongaro. Diversi libri – come “Morire di Classe”, ma non solo – sono stati recentemente riscoperti e ripubblicati e ci auguriamo sia un rinascimento basagliano.

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Il nostro intervento per il corteo dell’8 marzo

Siamo la Brigata Basaglia, un collettivo che si occupa di salute mentale, in una prospettiva politica, femminista e comunitaria.

💜🔥 Siamo qui per dire, urlare, che l’8 marzo è un giorno di lotta contro il sistema patriarcale che ci vuole ammalare, contro un sistema violento e sessista.
Rivendichiamo il diritto a vivere in una società la cui politica deve mettere al centro la tutela della salute mentale, fisica e sociale, di tutte, tutti e tuttu. Quale principio universale.

E oggi ci arrabbiamo perché riconosciamo che in questo sistema sono le donne, persone non binarie, trans, omosessuali, migranti e economicamente fragili a rimetterci “la testa” e il corpo.

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Milano-Cortina 2026 – Dalla montagna alla città Olimpiadi insostenibili

milano cortina 2026 dalla montagna alla città olimpiadi insostenibili
corteo 10 febbraio piazzale lodi milano ore 15

Tante persone e realtà politiche si sono incontrate a Piano Terra il 20 gennaio a Milano, per prendere parte all’assemblea indetta da C.I.O. (Comitato Insostenibili Olimpiadi). Un confronto in cui si è lanciata pubblicamente la mobilitazione contro la devastazione ambientale e lo spreco di denaro pubblico che le Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026 comporteranno per i nostri territori montani. Devastazione ambientale che toccherà anche la città con ulteriore cementificazione e aumento dei costi per tutt3 l3 abitanti delle città coinvolte.


In un momento storico in cui la crisi climatica è arrivata probabilmente a un punto di non ritorno, in cui l’esigenza impellente è quella di trovare un equilibrio e una convivenza armonica con il mondo e nella natura, l’ottusità e i diktat neoliberisti del profitto per pochi e ad ogni costo ci portano a distruggere ancora, ancora e ancora per cosa? Una pista da bob? Autostrade e strade totalmente inutili? Impianti sciistici quando sappiamo che stiamo affrontando una crisi climatica che ci asseterà e desertificherà? Ormai da anni numerosi studi, ricerche scientifiche e analisi politiche stanno insistendo nel dimostrare e affermare che dobbiamo tenerci stretti i nostri alberi, i nostri ambienti naturali, e anzi dovremmo piantare milioni di alberi nelle nostre città per abbassare le temperature sempre più alte. E invece che cosa si fa? Gli alberi li tagliamo per fare spazio al cemento.
Vogliamo fermare amministratori, governi, multinazionali e aziende dal fare questi scempi e rovinarci la vita?


Un primo appuntamento nazionale e ampio sarà il 10 febbraio a Milano (la città esemplare del peggio modello di autodistruzione).

10.2 | h15 piazza Lodi | Corteo: dalla montagna alla città, Olimpiadi insostenibili

Dalle catastrofi alla lotta politica: dialogo tra Forlì Città Aperta e Brigata Basaglia su salute mentale, alluvioni e pandemia

Uno degli aspetti più belli e significativi del nostro lavoro è incontrarci con altre realtà sul territorio e creare un dialogo. Con l’associazione di Forlì Città Aperta abbiamo lavorato insieme su un intervento di supporto durante l’esperienza dell’alluvione. Da questo incontro è nata un’intervista doppia che racconta chi siamo e quello che abbiamo fatto, nella speranza che possa essere un’occasione di scambio e divulgazione di pratiche.

BB: Come nasce Forlì Città Aperta? Quando avete sentito il desiderio di occuparvi di salute mentale e come si intreccia con la vostra storia di mobilitazione/attivismo sul territorio? Quali sono le realtà con cui si è interfacciata e come si sono sviluppate queste relazioni di rete?

FCA: Forlì Città Aperta è un’associazione di volontariato attiva sul territorio di Forlì dal 2011 organizzata secondo un approccio orizzontale. Nasce da un piccolo gruppo di persone animate dall’intento di raccogliere dati sull’immigrazione, di fare controinformazione e di approfondire i temi legati all’immigrazione, portando avanti l’idea di cultura antirazzista e antifascista. Da anni collabora con la scuola di italiano per stranieri Penny Wirton e ha attivato uno sportello documenti rivolto alle persone che hanno bisogno di supporto nel processo burocratico per la richiesta di permesso di soggiorno. Tra i percorsi realizzati e ancora in corso vi è la battaglia politica per il diritto all’abitare, l’organizzazione di incontri culturali di sensibilizzazione sui temi del razzismo, antifascismo, salute mentale e un percorso di decostruzione della bianchezza. Inoltre, quest’anno è stata inaugurata, insieme al collettivo di genere Rea, la biblioteca intersezionale dedicata alla partigiana forlivese Iris Versari, un luogo che vuole diventare punto di incontro e di scambio politico e culturale. Il desiderio di occuparsi di salute mentale nasce dalla consapevolezza del ruolo del sistema organizzativo sociale nel generare disagio psichico. Da qui è nata l’esigenza di creare una discussione e condivisione di sapere collettivo.

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In prigione perchè antifascista: uno schema repressivo tra Ungheria, Italia e Germania. Solidarietà con Ilaria e lз compagnз arrestatз

Lo scorso 11 febbraio una compagna italiana, Ilaria, e un compagno tedesco, Tobias, sono stati arrestati in Ungheria, con l’accusa di aver partecipato all’aggressione di un partecipante neonazista al raduno di estrema destra per la “giornata dell’onore”, risoltosi con ferite lievi e pochi giorni di prognosi. Nonostante questo, il teorema della magistratura ungherese contesta l’esistenza di una organizzazione criminale, oltre ai rischi per la vita della vittima, così da far lievitare la pena sino a potenzialmente 16 anni di carcere.
Da ormai dieci mesi lз compagnз si trovano, quindi, nelle carceri di Budapest, con contatti all’esterno rarefatti e in condizioni terribili documentate anche da una lettera di Ilaria ai propri legali, e con la sottoposizione ad interrogatorio in assenza di difesa e di interprete.

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Resistere dentro la catastrofe climatica. Intervento di Ultima Generazione a Contatto 2023

Riportiamo la trascrizione dell’intervento di Leonardo Lovati a Contatto 2023, durante il tavolo “Eco-ansia e difesa del territorio”. Leonardo è attivista di Ultima Generazione e autore del libro Ultima. Resistenza nonviolenta o estinzione, pubblicato a novembre da Agenzia X. Il 4 dicembre è stato arrestato a Roma durante un blocco stradale nonviolento organizzato nel contesto di una campagna per ottenere dal governo un fondo permanente di 20 miliardi per riparare ai danni delle catastrofi climatiche. È al momento sotto processo insieme ad altre persone che erano presenti al blocco.

6.5.2023

Ultima Generazione è un movimento di disobbedienza civile non violenta che chiama tutta la popolazione a una resistenza civile strategica e in qualche maniera programmata verso questo governo genocida.

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Appunti su trauma e violenza nel conflitto palestinese-israeliano

Di fronte a dolore e macerie, riconoscimento dell’Altrə, responsabilizzazione e azione collettiva

Alessandra Sanguinetti, Separation wall. Abu Dis, Israel. 2004. © Alessandra Sanguinetti | Magnum Photos
Alessandra Sanguinetti, Separation wall. Abu Dis, Israel. 2004. © Alessandra Sanguinetti | Magnum Photos

In questi giorni, attonitɜ e impotenti, stiamo assistendo a un massacro in tempo reale, in diretta mediatica. L’uccisione di migliaia di persone intrappolate nella Striscia di Gaza, con bombardamenti massicci, anche al fosforo bianco. Un popolo lasciato senza acqua e cibo, senza elettricità e medicinali. Gli attacchi indiscriminati anche in Cisgiordania da parte dell’esercito e dei coloni israeliani. Un attacco che lascia intendere una volontà di sterminio e di annientamento della popolazione palestinese disumanizzata e resa nemica, con una retorica criminale e islamofoba che sovrappone gli abitanti di Gaza con il terrorismo di matrice islamica. Definirla una guerra è scorretto, dato che non si stanno affrontando due eserciti nazionali, ma siamo di fronte a un esercito rifornito di ogni tecnologia e armamento che sta attaccando un territorio privo di uno Stato autonomo e densamente popolato, distruggendo ospedali, campi profughi, scuole piene di civili indifesi con la scusa di colpire una organizzazione terroristica.

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Samah Jabr: testimoniare durante il genocidio

Riceviamo dal collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud e condividiamo la lettera della psichiatra palestinese Samah Jabr

“Signore e signori:

ogni mattina ci svegliamo con un’altra immagine orribile proveniente da Gaza. Oggi vediamo il video di un carro armato israeliano che investe avanti e indietro il cadavere di un civile palestinese.

Rispettato pubblico: Sono una consulente psichiatra, con una lunga esperienza con i professionisti della salute mentale a Gaza.  Ma non sono qui per parlarvi dell’impatto inimmaginabile di un genocidio sulla salute mentale dei palestinesi, né per romanticizzare il Sumud palestinese. Sono qui per avvertirvi dell’imminente collasso del nostro senso di comune umanità. In quanto palestinese priva di cittadinanza e alle prese con un livello di violenza israeliana senza precedenti a Gerusalemme e in Cisgiordania,faccio appello ai vostri principi universali di esseri umani affinché ci aiutino a denunciare la straziante realtà che si sta svolgendo a Gaza, un luogo che sta venendo segnato da uno dei capitoli più bui della storia. Le implacabili atrocità commesse di ora in ora a Gaza sono una macchia sulla coscienza dell’umanità, lasciando un segno indelebile sulla nostra capacità di relazionarci l’un l’altro come esseri umani.

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Samah Jabr: Il trauma collettivo del popolo palestinese

Samah Jabr è la presidente dell’Unità di Salute Mentale del Ministero della Salute palestinese. Il suo lavoro e il suo attivismo mettono in luce come l’occupazione israeliana sia un intreccio di un problema politico e di questioni legate alla salute mentale. L’intervento di Samah Jabr al nostro festival Contatto: pratiche di resistenza e liberazione, svoltosi lo scorso maggio presso la Cascina Torchiera, ci fornisce uno scorcio del trauma collettivo e generazionale dell’occupazione israeliana, della resistenza palestinese nell’organizzare i propri servizi di salute e dell’importanza della solidarietà internazionale nel creare reti di complicità e supporto. In un contesto globale in cui le istituzioni accademiche e mediatiche silenziano e ricattano le voci dissidenti, abbiamo ritenuto imprescindibile riportare le parole di Jabr, le quali ci aiutano a capire gli eventi delle ultime settimane a Gaza come parte di un genocidio iniziato nel 1948 e che chiedono la liberazione della Palestina.

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Oltre i muri. Sugli attacchi al popolo curdo e palestinese di queste ore

“L’occupazione israeliana non è soltanto una questione politica, è anche un problema di salute mentale. L’ingiustizia, le umiliazioni quotidiane e i traumi, di cui ciascun palestinese fa esperienza, feriscono ripetutamente la psiche individuale e collettiva del mio popolo” scrive Samah Jabr in ‘Da Dietro i fronti. Cronache di una psichiatra psicoterapeuta palestinese sotto occupazione’.
In queste ore si stanno verificando degli attacchi militari pesantissimi da parte di Turchia e Israele contro la popolazione di due terre da sempre martoriate perché oggetto di interessi economici e coloniali, il Rojava (la parte del Kurdistan nella Siria del nord ovest) e la Palestina.

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